Non costituiscono cause di ineleggibilità e incompatibilità gli incarichi e le funzioni conferite ad amministratori del comune e della circoscrizione previsti da norme di legge, statuto o regolamento in ragione del mandato elettivo (articolo 67 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che riproduce testualmente l'abrogato articolo 5 della legge 23 aprile 1981, n. 154). Si tratta di una eccezione al più generale principio della non cumulabilità di incarichi, che deriva dal fatto che tale circostanza non determina il formarsi di un contrasto di interessi tra l'ente locale territoriale ed il proprio amministratore.
Va notato che la causa di ineleggibilità non sussiste se il consigliere ha assunto la titolarità della carica societaria in base a una norma di legge ovvero di statuto o di regolamento dell’ente territoriale in cui svolge il proprio mandato elettivo, ma sussiste se ha assunto tale carica in base a una norma dello statuto della società (Corte di Cassazione - Sezioni civili: I Sezione, 4 maggio 1993, n. 5179).
Il Consiglio di Stato (I Sezione, 10 novembre 2004, n. 10166) ha interpretato la norma nel senso che alla potestà statutaria o regolamentare degli enti locali non è attribuita la facoltà di introdurre deroghe ulteriori alle cause di ineleggibilità o incompatibilità previste dalla legge, ma ad essi residua soltanto il compito di attuare o, tutt'al più, di adeguare allo specifico assetto organizzativo dell'ente locale le disposizioni adottate dal legislatore.
La legge prevede inoltre dei rimedi per rimuovere le cause di ineleggibilità e di incompatibilità.
Per quanto riguarda la rimozione delle cause di ineleggibilità in enti locali diversi, disciplinata dall'articolo 10 della legge regionale 5 dicembre 2013, n. 19, il comma 2 dello stesso articolo precisa che la causa di ineleggibilità non ha effetto se l'interessato cessa dalle funzioni per dimissioni divenute efficaci e irrevocabili non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature. Nel caso specifico di dimissioni presentate dal sindaco, la disposizione va coordinata con quanto previsto dall'articolo 37 bis, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, che dispone l'irrevocabilità e quindi l'efficacia delle dimissioni, trascorso il termine di venti giorni dalla loro presentazione al consiglio.
Nel caso particolare di candidato eletto contemporaneamente in due consigli comunali o circoscrizionali, è obbligatoria l'opzione entro cinque giorni dalla data di approvazione dell'ultima deliberazione di convalida; nel caso di mancata opzione, il candidato rimane eletto nel consiglio del comune o della circoscrizione in cui ha riportato il maggior numero di voti ed è surrogato nell'altro consiglio (articolo 9, comma 1, lettera a), della legge regionale 19/2013).
Per quanto riguarda le cause di ineleggibilità previste dal decreto legislativo 267/2000, queste devono essere rimosse, generalmente, prima del giorno fissato per la presentazione delle candidature mediante cessazione dalle funzioni (cioè l'effettiva astensione da ogni atto inerente l'ufficio rivestito) per dimissioni, trasferimento, revoca dall'incarico o del comando o collocamento in aspettativa non retribuita (articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 267/2000). Fa eccezione il caso dei vertici delle aziende sanitarie locali o ospedaliere, per i quali è previsto un termine di centottanta giorni dalla scadenza del periodo di durata di tali organi (articolo 60, comma 2). La pubblica amministrazione è tenuta ad adottare i relativi provvedimenti di sua competenza entro cinque giorni dalla richiesta, decorsi i quali interviene il silenzio-assenso (articolo 60, comma 5); chi intende rimuovere la causa di ineleggibilità o di incompatibilità deve farlo tenendo conto dei cinque giorni concessi all'amministrazione per prendere i provvedimenti di competenza o utili per il formarsi del silenzio-assenso (Corte di Cassazione - Sezioni civili: I Sezione, 9 aprile 1992, n. 4365). Tale normativa trova applicazione anche nel caso di rimozione delle cause di ineleggibilità o di incompatibilità sopravvenuta in corso di mandato.
Anche le cause di incompatibilità, possono essere rimosse (articolo 68, comma 3, del decreto legislativo 267/2000) con le stesse modalità indicate all'articolo 60, commi 2, 3, 5, 6 e 7 del sopracitato decreto legislativo. La mancata rimozione delle cause di ineleggibilità o di incompatibilità comporta la decadenza dalla carica (articolo 68, comma 1, del decreto legislativo 267/2000).
Nella prima seduta il consiglio comunale, prima di deliberare su qualsiasi altro oggetto, ancorchè non sia stato prodotto alcun reclamo, deve esaminare le eventuali cause di ineleggibilità o di incompatibilità in capo agli eletti (articolo 41 del decreto legislativo 267/2000). Per la contestazione delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità trova applicazione l'articolo 69 del citato decreto legislativo che disciplina uno speciale procedimento nel quale è concesso all'eletto un congruo tempo per la rimozione delle cause ostative. Tale procedimento non si applica in caso di sentenza definitiva che accerta lo stato di ineleggibilità o di incompatibilità non rimossa (Consiglio di Stato - V Sezione, 26 giugno 1992, n. 599). Anche in corso del mandato il consiglio di appartenenza contesta le situazioni di ineleggibilità sopravvenute o quelle di incompatibilità all'interessato, che ha dieci giorni di tempo per formulare osservazioni o per rimuoverle (articoli 68 e 69 del decreto legislativo 267/2000). La rimozione può essere anche successiva al decimo giorno, comunque deve intervenire prima dell'inizio del procedimento giudiziale (Corte di Cassazione - Sezioni civili: I Sezione, 24 marzo 1993, n. 3508).