Stante il suo carattere del tutto straordinario ed eccezionale, lo scioglimento dei consigli comunali può essere disposto solo nei casi e per i motivi tassativamente previsti dalla legge. Secondo la vigente normativa, lo scioglimento è disposto per due ordini di motivi:
- per il compimento di atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico, ipotesi quest’ultima che, concernendo la tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico, è di competenza degli organi dello Stato;
- per impossibilità di assicurare il normale funzionamento degli organi e dei servizi, ipotesi tipizzata dalla legge in caso di dimissioni del sindaco, impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso dello stesso, dimissioni di oltre la metà (ultra dimidium) dei consiglieri, riduzione del consiglio alla metà dei componenti per impossibilità di surroga, mancata approvazione del bilancio, approvazione di una mozione di sfiducia. I provvedimenti di scioglimento dei consigli comunali e di nomina dei relativi commissari sono adottati dal Presidente della Regione, su conforme deliberazione della Giunta regionale, adottata su proposta dell’Assessore regionale competente in materia di autonomie locali.
Allo scioglimento dei consigli per infiltrazioni e condizionamenti di tipo mafioso la legge riserva autonomo rilievo. Anche questa fattispecie, analogamente a quella dei gravi motivi di ordine pubblico, è riservata alla competenza statale, rientrando nelle funzioni in materia di lotta alla criminalità organizzata.
I consigli comunali vengono sciolti in primo luogo quando compiono atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge nonché per gravi motivi di ordine pubblico. L’ipotesi di atti contrari alla Costituzione è riconducibile al caso in cui un ente locale manifesta apertamente la volontà di disattendere norme o principi fondamentali che regolano l’ordinamento repubblicano (Ministero dell’interno, circolare 7 giugno 1990, n. 17102/127/1).
Per quanto riguarda la ‘violazione di legge’, solo una violazione che si qualifica per la sua particolare gravità può giustificare un provvedimento lesivo dell’autonomia dell’ente locale (ad. es. violazioni che si riflettono direttamente sulle posizioni giuridiche soggettive dei cittadini, o compromettono la stessa funzionalità dell’ente o la funzionalità complessiva del sistema dei pubblici poteri).
La nozione di ‘gravi motivi di ordine pubblico’ è quella che attiene alla sicurezza e alla quiete pubblica (Corte costituzionale, 23 giugno – 11 luglio 1961, n. 40). Si precisa che, in presenza dei "gravi motivi di ordine pubblico" l'adozione dei provvedimenti di scioglimento è riservata alla competenza statale.
Si procede allo scioglimento anticipato degli organi anche quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per dimissioni, impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco; si tratta tuttavia di uno scioglimento solo formale, finalizzato a consentire le nuove elezioni nel primo turno utile, stante che la legge 8 giugno 1990, n.142 prevede che fino alle nuove elezioni il consiglio e la giunta rimangono in carica e le funzioni del sindaco vengono svolte dal vicesindaco. In caso di successivo impedimento, rimozione o decesso del vicesindaco reggente viene, invece, nominato un commissario.
I consigli comunali vengono sciolti anche nel caso di dimissioni di oltre la metà dei consiglieri (ultra dimidium). Le dimissioni ultra dimidium dei consiglieri hanno natura di atto collettivo caratterizzato da un inscindibile collegamento tra le volontà dei singoli consiglieri in funzione dell’obiettivo dello scioglimento del consiglio (T.A.R. – Campania – Napoli, 29 gennaio 2004, n. 846), ma non per questo possono in alcun modo essere considerate come un atto di natura negoziale (T.A.R. Puglia – Lecce, 18 dicembre 2001, n. 7955).
Ai fini dello scioglimento per riduzione del consiglio alla metà dei componenti per impossibilità di surroga, vanno intesi quali “componenti del consiglio” i consiglieri che fanno attualmente parte del consiglio, non invece quelli astrattamente previsti dalla legge. Ciò consente, in carenza di candidature, l’abbassamento del quorum per la costituzione dei consigli comunali (Consiglio di Stato – V Sezione, 4 giugno 2003, n. 3082).
Nel caso di mancata approvazione nei termini del bilancio, trovano applicazione gli articoli 39 e 40 della legge regionale 17 luglio 2015, n. 18. La normativa regionale prevede che, in caso di mancata approvazione dei documenti contabili entro la tempistica prevista dalla legge, nei sette giorni successivi l'ente locale trasmette alla struttura regionale competente in materia di autonomie locali una relazione in ordine alle motivazioni dell'inadempimento evidenziando lo stato della procedura e la tempistica presunta di possibile adempimento. La mancata trasmissione della relazione può comportare l'avvio di una verifica regionale per accertare le motivazioni dell'inadempimento. Trascorso il termine entro il quale il bilancio del Comune deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta comunale il relativo schema oppure qualora dalla relazione o dalle verifiche emerga l'impossibilità per l'organo esecutivo dell'ente locale di predisporlo entro i venti giorni successivi alla scadenza, l'Assessore regionale competente in materia di autonomie locali, previa diffida con un termine non inferiore a sette giorni, nomina un commissario affinché lo predisponga d’ufficio per sottoporlo al consiglio. Se il Consiglio comunale non approva nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla Giunta o dal Commissario, verificata l'impossibilità dell'ente locale di adottarlo autonomamente, l'Assessore regionale assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la sua approvazione. Decorso infruttuosamente tale termine, l'Assessore regionale procede allo scioglimento del Consiglio, ai sensi dell'articolo 23 della legge regionale 23/1997 e nomina il commissario per la gestione provvisoria dell'ente locale, il quale provvede all'adozione del bilancio. Gli stessi effetti conseguono alla mancata approvazione del rendiconto di gestione e del provvedimento di salvaguardia degli equilibri di bilancio.
Anche l’approvazione di una mozione di sfiducia nei confronti del sindaco determina lo scioglimento del consiglio. In Regione, nel caso di presentazione della mozione di sfiducia trova applicazione l’articolo 37, comma 2 della legge 8 giugno 1990, n.142; si precisa che il testo dell’articolo 52 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il quale disciplina la medesima fattispecie, ha recepito la novella introdotta dall'articolo 11, comma 5 della legge 3 agosto 1999, n. 265, con cui si è previsto che la mozione sia sottoscritta da almeno i due quinti dei consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il sindaco. Pur sussistendo un rinvio di carattere “statico” da parte dell’articolo 23 della legge regionale 4 luglio 1997, n. 23 all’articolo 37 della legge 142/1990, la novella appare applicabile anche nella nostra Regione, in quanto con tale integrazione il legislatore ha inteso interpretare e chiarire un punto controverso, senza innovare la fonte normativa. La mozione deve quindi essere sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati, senza computare il sindaco. Deve essere discussa non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla presentazione e, per essere approvata, deve essere votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti il consiglio. L’istituto della mozione di sfiducia si distingue, quanto agli effetti, da quello delle dimissioni di oltre la metà dei consiglieri assegnati, in quanto la mozione dà vita ad un dibattito in seno al consiglio, al termine del quale chi l’ha proposta può anche cambiare opinione e confermare la sua fiducia al sindaco (T.A.R. Puglia – Lecce, 18 dicembre 2001, n. 7955). Nel caso di un consiglio comunale composto da 16 consiglieri, al fine di rispettare il dettato del comma 2 dell'articolo 52 del decreto legislativo 267/2000 che prevede la sottoscrizione di almeno due quinti dei consiglieri, il numero di firme necessarie per presentare la mozione di sfiducia è 7 (Direzione centrale relazioni internazionali, comunitarie e autonomie locali - Servizio affari istituzionali e sistema autonomie locali, 5 aprile 2005, n. 5658/1.3.16).
Il decreto di scioglimento dell’organo consiliare deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (nel Friuli Venezia Giulia, nel Bollettino Ufficiale della Regione) anche al fine di stabilire un termine certo per la sua impugnazione (Consiglio di Stato – V Sezione, 21 novembre 2003, n. 7633). Il decreto conclude il procedimento finalizzato alla verifica dei presupposti che rendono necessario il rinnovo anticipato degli organi e ne conferisce certezza legale; pertanto, ha natura costitutiva e i suoi effetti si producono ex nunc (Consiglio di Stato – I Sezione, parere 13 marzo 2002, n. 762).
L’articolo 143 del decreto legislativo 267/2000, prevede lo scioglimento dei consigli comunali per il verificarsi di fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso. Poiché tale articolo ha riprodotto i contenuti dell’abrogato articolo 15 bis della legge 19 marzo 1990, n. 55, nella trattazione di questo argomento si è tenuto conto, in quanto ancora attuali e compatibili con la nuova disciplina, anche delle interpretazioni (sentenze, pareri e circolari) che sono intervenute su tale articolo. Anche questa fattispecie, analogamente a quella dei gravi motivi di ordine pubblico, è riservata alla competenza statale, rientrando nelle funzioni in materia di lotta alla criminalità organizzata, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9.
Ai sensi dell’articolo 119 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, nell’ipotesi di ricorso al Giudice amministrativo avverso il provvedimento di scioglimento degli enti locali, i termini processuali sono dimezzati, salvo, in primo grado, il termine per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti.